Speriamo piova, ma niente bombe per carità

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Photo AFP/ Aitor De ITURRIA

È questo il tempo? Abbiamo sotto gli occhi gli effetti visibili del cambiamento climatico in atto sul nostro pianeta. Lo stiamo vivendo, quotidianamente, nelle nostre strade e nel mondo che ci sta accanto, a stretto scroll di un pollice sui social.

Assistiamo, ancora una volta, ad una Olimpiade invernale senza neve, attraversiamo i nostri fiumi in secca e abbiamo notizie di vasti incendi boschivi. Manca l’acqua, ne scende sempre meno e con meno regolarità, salvo poi assistere a fenomeni improvvisi e alluvioni che non fanno altro che aumentare il tasso di desertificazione.

Nel 2017, intervenendo al workshop sul “diritto umano all’acqua” nella Casina Pio IV in Vaticano, Papa Francesco si chiedeva se eravamo in cammino verso la grande guerra mondiale per l’acqua.

“Le cifre pubblicate dalle Nazioni unite – spiegò il Papa – non possono lasciarci indifferenti, ogni giorno, mille bimbi muoiono a causa di infermità collegate all’acqua e l’acqua contaminata è consumata ogni giorno da milioni di persone. Si deve fermare e invertire questa situazione, per fortuna non è impossibile, però è urgente”.

Dal rapporto dell’Unesco The United Nations world water development report 2019: Leaving no one behind (“Nessuno sia lasciato indietro” presentato in occasione della Giornata mondiale dell’acqua il 22 marzo), emerge che si è verificato un aumento significativo dei conflitti legati all’acqua. Tra il 2000 e il 2009, ne sono stati censiti 94, mentre tra il 2010 e il 2018 si è arrivati a 263. Se non si inverte questa tendenza, con l’aumentare della popolazione nelle zone povere del mondo e l’inasprirsi delle conseguenze dei cambiamenti climatici, in futuro – si continua a leggere – sempre più conflitti saranno causati per guadagnare l’accesso all’acqua.

Da Israele all’India, passando per la Turchia, sono numerosi i focolai che presto potrebbero sfociare in veri e propri conflitti armati.

Il corso del Nilo, riserva idrica di molti Paesi africani; il fiume Indo in Pakistan i cui affluenti nascono in India; il bacino fluviale del Giordano e infine il controllo da parte della Turchia del Tigri e l’Eufrate, da cui dipendono Siria e Iraq, il Mekong in Asia, sono alcuni dei teatri futuri delle guerre per l’acqua.

E non serve più ricordare quello che era il lago Ciad, per esempio, rimasto oggi per lo più segnato solo sugli atlanti, ma basta scorrere Twitter per accorgersi di quello che accade oggi in Spagna e Portogallo.

Le stesse scene che vediamo a casa nostra. Ma speriamo che piova e aspettiamo la prossima estate, quando avremo ancora più sete.

Mauro Monti
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