“Mr. Vertigo”, Paul Auster
“Mr. Vertigo” è scritto in maniera lineare, scorre via velocemente, ti racconta tutto come fosse una favola; sei quasi deluso da una scrittura così troppo facile, fino al punto di pensare: cosa mi è rimasto di questo libro?
Fino all’ultima parte, poche pagine in cui si concentrano tutti i post-it, dove si tirano le fila di tutto, della vita del protagonista, di una vita, della vita.
Quelle ultime 16 pagine raccontano 35-40 anni di vita del nostro protagonista, quasi come fossero il vortice finale dello svuotarsi di un lavabo una volta tolto il tappo. Un vortice di normalità dopo le mirabolanti avventure del Bambino Prodigio.
In “Mr. Vertigo” un ragazzo senza nessun futuro impara a volare, crede nelle sue capacità, sa che può raggiungere grazie al lavoro e al sacrificio, i suoi obiettivi. Sa che può porsi degli obiettivi. Un racconto di perdita e salvezza, sacrificio per gli altri, di come a volte un incontro può cambiare la propria vita, dargli un senso, far scattare quelle molle che non si pensava neanche di possedere. Le molle, appunto, per il grande balzo, per il volo.
Un volo per la gloria ma anche per riemergere dall’abisso. Incontri che riportano a galla la parte migliore di noi, che ci rimettono in carreggiata.
Come imparare a volare? La ricetta dell’ex Bambino Prodigio è questa: smettere di essere sé stessi, si comincia da qui e poi tutto viene di conseguenza. Chiudete gli occhi e svuotatevi fino a sentire l’anima che esce dal corpo. A poco a poco vi sentirete pesare meno di nulla.
Chiudete gli occhi; allargate le braccia e lasciatevi svaporare. A quel punto, poco per volta, vi solleverete da terra.
Ecco, così.
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